Uno sguardo ai mercati esteri: Marocco, Algeria e Polonia

AIdAM sta portando avanti diversi progetti che riguardano i mercati esteri, con l’obiettivo di permettere alle aziende associate di inserirsi in nuovi Paesi. In questo senso, l’associazione ha organizzato un webinar dedicato a tre mercati che stanno diventando centrali per il comparto: Marocco, Algeria e Polonia. Sono intervenuti Giovanni Salinaro di SACE e Stefano Zedde della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia.

AIdAM – Associazione Italia di Automazione Meccatronica sta portando avanti diverse progettualità, che coprono vari focus. L’internazionalizzazione è una di queste, in quanto il mercato sta vivendo un momento positivo in cui c’è il margine giusto per far crescere ulteriormente il settore in Paesi stranieri. È proprio in questi momenti che bisogna iniziare ad affacciarsi su mercati esteri che magari possono essere da traino, quando nel mercato locale e nazionale ci sarà un rallentamento, legato al fatto che non sarà possibile continuare ad avere una parte di incentivi che hanno messo in euforia il mercato in questi ultimi anni, rendendo estremamente dinamico il mercato dell’automazione e della meccatronica.

Tre aree geografiche stanno diventando particolarmente interessanti per il settore dell’automazione meccatronica: Marocco, Algeria e Polonia. Delle prime due ne ha parlato Giovanni Salinaro di SACE, mentre per la Polonia è intervenuto Stefano Zedde della Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia.

Marocco e Algeria

Tra i Paesi del Nord Africa più interessanti per il settore delle aziende associate ad AIdAM troviamo Marocco e Algeria, due paesi che nell’area geografica interessata hanno una buona solidità in questo momento storico.

“Purtroppo – spiega Giovanni Salinaro – la geografia del Nord Africa storicamente subisce delle variazioni di profilo di rischio anche molto repentine, a seconda di alcuni eventi che possono verificarsi, siano essi politici, sia dal punto di vista economico, che è quello che è successo più di recente ad alcuni di questi Paesi come la Tunisia e l’Egitto, che stanno soffrendo di una crisi economica importante. Il Marocco e l’Algeria in questo momento si sono salvati, grazie alle loro caratteristiche”. SACE produce e aggiorna periodicamente degli indicatori che informano su quali siano le opportunità di esportazione e di investimento in una determinata nazione; sono sei gli indicatori di rischio: tre di tipo politico e tre del credito. “Il ‘rischio del credito’ – spiega Giovanni Salinaro – è un rischio fondamentalmente di mancato pagamento, quindi l’importatore locale, sia esso un’azienda, la banca o addirittura entità pubbliche o sovrane, è più o meno probabile che non ci ripaghi nei termini previsti il bene esportato. Invece, il ‘rischio politico’ è un indicatore che racchiude a sua volta una serie di indicatori, che spaziano dalla presenza di violenza politica ad atti di esproprio, nazionalizzazione e il rischio di trasferimento e convertibilità. Il Marocco si assesta tra i Paesi migliori dell’area, con una media di rischio politico addirittura al di sotto del 50% e una media di rischio del credito che è al di sopra del 50% ma, se confrontata con gli altri Paesi, è una percentuale davvero molto contenuta”. Inoltre, si tratta di un Paese che ha un contesto politico molto semplice, che non è stato interessato dalle Primavere Arabe e possiede una democrazia con un governo stabile. “Il Marocco ha un debito pubblico in aumento, che è di circa il 65% del PIL. In realtà pesa poco sugli equilibri dei conti pubblici dei marocchini, perché è principalmente denominato in valuta locale e di tenore medio-lungo. Inoltre, il Marocco ha un buon accesso ai mercati dei capitali, i quali hanno appetito per questo rischio e lo apprezzano anche con costi abbastanza contenuti, se paragonato alla Tunisia o all’Egitto. Un’altra caratteristica molto importante, che spiega perché il Marocco sia macro economicamente stabile, è il fatto che abbia un accesso a una linea di credito precauzionale del Fondo Monetario Internazionale che ha attivato di recente, pari a 5 miliardi. Altro punto a favore di questo paese è il suo settore manifatturiero molto sviluppato, ad elevato valore aggiunto”. Non solo, il Marocco è ricco di materie prime: possiede il 70% delle riserve globali di fosfato, che è il materiale verso cui si sta tendendo per la produzione di batterie per i veicoli elettrici in quanto è più sicuro e meno costoso del cobalto. In Marocco si producono circa 450.000 auto l’anno, lo stesso numero prodotto dall’Europa: dopo la Cina, è il secondo produttore mondiale di veicoli elettrici, ponendolo in una posizione privilegiata nel settore automotive. “Recentemente – racconta Giovanni Salinaro – si è abbattuto un forte terremoto in Marocco, che ne rallenterà un po’ la crescita; ma comunque parliamo di un Paese nonostante tutto solido, che investe in energie rinnovabili e in manifatturiero. Tra l’altro, ha un ottimo rapporto commerciale con l’Italia: è infatti al terzo posto per esportazioni nel Nord Africa”.

L’Algeria, invece, è un Paese molto diverso: ha un’economia che dipende dagli idrocarburi ed è per l’Italia il quarto mercato di destinazione dell’export. “Si tratta di un Paese – spiega Giovanni Salinaro – politicamente ed economicamente abbastanza chiuso, che rifiuta l’indebitamento con l’estero; questo limita però lo sviluppo delle relazioni di operatori esteri con il Paese”. In questo momento, l’Algeria si trova in un momento positivo per la sua economia: dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, l’Algeria si è riposizionata come fornitore di gas, cosa che le ha permesso di dare respiro ai conti pubblici e aumentare la riserva in valuta. “Nonostante l’Algeria mostri un profilo di rischio del credito leggermente superiore al Marocco – afferma Giovanni Salinaro – in questo momento è un profilo di rischio che beneficia dell’andamento delle commodity. Il punto debole dell’Algeria è la sua esposizione al ciclo delle materie prime, che abbassano e alzano l’indice di rischio. Inoltre, il sistema politico e burocratico è molto farraginoso, burocratizzato, centralizzato e poco aperto. Questo ostacola anche delle riforme che debbono avvenire al Paese”. L’Algeria, che da sempre è un Paese commercialmente abbastanza chiuso, ha iniziato ad aprirsi, soprattutto per quanto riguarda il settore automotive, come dimostrano gli accordi con Stellantis. Per l’Italia è il quarto mercato dopo il Marocco, soprattutto per quanto riguarda la meccanica strumentale. “In sintesi – afferma Giovanni Salinaro – si tratta di un Paese dal rischio medio nel quale si deve sfruttare il momento positivo, però ci sono una serie di barriere che vanno affrontate. Bisogna ricordarsi che ha una spese pubblica alta, soprattutto militare, e spesso ricorre a restrizioni importanti in caso di crisi”.

La Polonia

Dopo aver analizzato i mercati marocchino e algerino, Stefano Zedde ha parlato di quello polacco. “La Camera di Commercio Italiana in Polonia – spiega Stefano Zedde – è un’associazione di imprenditori riconosciuta dal Governo italiano. Facciamo parte della rete delle 81 Camere di Commercio estere nel mondo e abbiamo la missione di aiutare i nostri soci, di cui vedete i più rappresentativi, negli investimenti italiani più grandi in Polonia. Abbiamo la missione di aiutare i nostri soci a integrarsi e eccellere in Polonia e anche la missione di aiutare aziende italiane che comunque sono interessate al mercato polacco”. La Polonia ha un’economia molto forte, infatti ora è la quinta economia europea, con un tasso di crescita del PIL che praticamente non ha conosciuto nessuno stop negli ultimi trent’anni, tranne nel 2020 a causa della pandemia del Coronavirus. È, inoltre, un Paese con un tasso di disoccupazione bassissimo, infatti nel 2022 era del 5,40%. La Polonia ha infatti un’industria molto forte, con una solida infrastruttura industriale. La Polonia, proprio per la sua strategicità logistica, essendo nel cuore dell’Europa geografica, è un centro logistico importante: si snodano le merci non solo per tutta l’Europa, ma è anche la porta d’ingresso delle merci che arrivano dalla Cina. Lo Stato polacco, tra l’altro, fornisce finanziamenti alle aziende straniere che voglio investire in Polonia, quindi da un minimo del 30% di intensità fino a un massimo del 50% di aiuti pubblici.

“Importante è il legame con l’Italia – spiega Stefano Zedde – c’è un legame con l’Italia fortissimo, culturale e commerciale. L’Italia è il quinto mercato di destinazione dell’export polacco e il quarto fornitore della Polonia. Al contrario, la Polonia è il decimo mercato di destinazione dell’export italiano e il nono fornitore dell’Italia. Nel 2022 l’interscambio totale ha raggiunto la cifra record di circa 34 miliardi di euro. C’è una fortissima presenza di aziende italiane in Polonia: da un nostro studio abbiamo contato 2.475 aziende di capitale italiano o comunque con presenza di italiani come soci delle aziende”. La presenza molto forte di italiani storicamente è spiegata dal fatto che, già dai primi anni Novanta, la Polonia è rinata come Stato democratico. Sono arrivati in Polonia grandi gruppi, prima di tutto la FIAT, che ha costruito le due fabbriche di Tychy e Bielsko-Biała, la quale ha attratto in Polonia tutto il mondo della catena del valore automotive.

“Entrando nel merito del mondo del mercato polacco dell’automazione e della robotica industriale – prosegue Stefano Zedde – vi è uno studio che è stato commissionato dall’agenzia governativa polacca per l’industria 4.0 con cui la nostra Camera di Commercio collabora molto. Ci dice che in Polonia operano 210 aziende del settore dell’automazione industriale e della robotica, e generano un fatturato annuo che è superiore ai 4 miliardi di Euro. Nonostante tutto, il tasso di utilizzazione dell’industria polacca è ancora significativamente inferiore rispetto ad altri Paesi sviluppati. Un altro dato importante è che non ci sono produttori polacchi finali di robot, cobot, o altre soluzioni robotiche di una certa rilevanza. Stiamo parlando di 52 robot ogni 10.000 dipendenti. Giusto per capire l’Italia, che è più o meno nelle prime posizioni, registra 217 robot ogni 10.000 dipendenti. Il leader è la Corea del Sud con 1.000 robot ogni 10.000 dipendenti. In Polonia c’è ancora tanto da fare, però questa infrastruttura industriale così forte, questa economia industriale così forte, dà l’idea del grande potenziale che ha questo mercato”. Insieme all’Associazione polacca per l’automazione e la robotica, l’equivalente di AIdAM in Polonia, è stato lanciato inoltre un sondaggio a cui hanno risposto 25 aziende leader in Polonia del settore, in particolare integratori, in merito allo stato dell’arte del settore dell’automazione meccatronica. Da queste domande è emerso che 14 aziende su 25 offrono soluzioni di robot industriali, 10 offrono anche cobot industriali e 7 offrono soluzioni di robotica mobile. “I ricavi derivanti dall’automazione hanno rappresentato il 60% dei ricavi complessivi – spiega Stefano Zedde – Tutte le aziende intervistate ammontavano a 638 milioni di PLN. Il 45% di questi ricavi veniva dalla vendita di macchine di automazione, il 37% dalla vendita di servizi, come progetti ingegneristici, l’8% da vendita di controllori PLC, Il 10% da DCS, e il 5% da vendite di sistemi di azionamento di elettronica e motori e vendita di software industriali”. Secondo questo sondaggio, ancora, tutte le aziende partecipanti hanno dichiarato che nel 2022, rispetto al 2021, il mercato, quindi il settore di robotica e automazione, è cresciuto rispetto all’anno precedente.

“Se possono scegliere – conclude Stefano Zedde – i polacchi preferiscono fare affari con italiani rispetto a tedeschi, francesi e altri partner commerciali. Gli italiani e gli americani culturalmente sono molto ben visti, per cui c’è anche questa semplicità culturale, questa apertura culturale che sicuramente aiuta nello sviluppo di rapporti commerciali con la Polonia. Per concludere, voglio dirvi che la Polonia è un Paese che ha grandissime potenzialità di business e di relazioni commerciali”.

di Rossana Pasian

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