Come cambia il settore automotive? Ce ne parla ANFIA

Il settore automotive sta conoscendo un momento di cambiamento profondo, dovuto alla “rivoluzione elettrica” che porterà nei prossimi anni a convertire tutta la filiera. ANFIA – Associazione Nazionale Filiera Automobilistica, che da più di un secolo accompagna la filiera produttiva, conosce bene le sfide e le dinamiche che stanno investendo il settore automotive. Abbiamo quindi intervistato Gianmarco Giorda, Direttore Generale di ANFIA.

Partiamo parlando di chi è ANFIA? Qual è la sua storia e quali servizi offre ai suoi associati? Quali sono le sue attività?

ANFIA nasce a Torino nel 1912 per rispondere alle esigenze comuni, a livello nazionale, delle imprese dell’allora nascente industria automotive. In questi 111 anni di storia, l’associazione ha accompagnato la filiera produttiva del settore in tutte le sue trasformazioni, con l’obiettivo di rappresentare gli interessi delle aziende associate nei confronti delle istituzioni pubbliche e private, nazionali e internazionali e di provvedere allo studio e alla risoluzione delle problematiche tecniche, economiche, fiscali, legislative, statistiche e di qualità del comparto automotive.

Negli ultimi anni, ANFIA ha visto crescere il volume delle attività – in termini di servizi offerti alle imprese, progetti di internazionalizzazione e di advocacy – anche grazie a un sensibile incremento delle associate, passate da 300 nel 2018 a 453 imprese – tra costruttori, allestitori di veicoli e produttori di parti, componenti e servizi per la mobilità – nel primo trimestre 2023 (+51%).

Come si sa, il settore automotive si sta muovendo nella direzione dell’e-mobility. Come stanno cambiando le lavorazioni meccaniche in vista di questa “rivoluzione elettrica”?

È doveroso precisare che circa il 60%-65% dei componenti di una vettura con motore ICE – chassis, interiors, lighting, componenti di carrozzeria – sopravvivono anche sull’equivalente vettura elettrica, ma hanno bisogno di un livello più elevato di “intelligenza” (smart mobility e MaaS), di integrazione e di valore aggiunto. I componentisti europei devono infatti rimanere attrattivi nei confronti delle grandi piattaforme produttive in Europa. Questo, unitamente agli investimenti in formazione e riqualificazione degli addetti e alla diversificazione produttiva, permetterà di contenere gli impatti occupazionali della “rivoluzione elettrica”.

La sopravvivenza dei motori ICE in UE – e quindi di chi è concentrato sulla produzione dei relativi componenti – dipende da quanto verrà accettato il paradigma della neutralità tecnologica – non solo apertura agli e-fuels, ma anche a bio-fuels e idrogeno, almeno fino al 2035 e sperabilmente anche oltre.

Dal punto di vista produttivo, con l’avvento dell’e-mobilty quali nuove tecnologie si stanno affacciando? Penso all’additive manufacturing, all’intelligenza artificiale eccetera.

Sono esempi di nuove tecnologie che puntano a una maggiore efficienza e sostenibilità dei processi produttivi e che trovano già applicazione nel nostro settore, assicurando un vantaggio competitivo. A queste si possono aggiungere il cloud computing e il model-based design – approccio ingegneristico per la progettazione di sistemi e software basato sull’uso sistematico di modelli e dati durante l’intero processo di sviluppo, dalla prototipazione alla produzione.

Tante aziende italiane, soprattutto di componentistica, lavorano per il mercato tedesco automotive, che però sta subendo un rallentamento. Come stanno vivendo questa situazione le aziende italiane?

In Germania si assiste a un calo degli ordini domestici di auto (-27% nel primo semestre 2023) e i volumi complessivi delle vendite rimangono bassi. Inoltre, sembra che la Germania stia perdendo importanza come sito produttivo, complici le crisi internazionali degli ultimi anni: da circa 5,6 milioni di vetture prodotte nel 2012 a circa 3,6 milioni nel 2022, con le case auto nazionali che aumentano la produzione all’estero.

Al momento la Germania resta comunque il primo Paese di destinazione dell’export della componentistica italiana, con una quota del 21,2% sul totale esportato da questo specifico settore nel primo trimestre 2023 (periodo in cui l’export di componenti dall’Italia alla Germania vale oltre 6,7 miliardi di euro).

Quest’anno avete partecipato a un evento insieme ad AIdAM, l’Associazione Italiana di Automazione Meccatronica, quali sono stati i temi più interessanti emersi? Come si sviluppa il rapporto tra le due associazioni?

AIdAM e ANFIA hanno partecipato insieme a MECSPE, organizzando anche il convegno congiunto “Flexible Digital Manufacturing: come sta evolvendo l’automazione”. Si è parlato delle tecnologie di automazione più promettenti per la nuova manifattura flessibile, di come l’evoluzione dell’industria automotive e del mondo della mobilità in generale stiano influenzando le tecnologie di automazione stesse e di quale sia il business model verso cui i costruttori di veicoli e i costruttori di macchine automatiche stanno andando, ovvero il modello “Machine As A Service”.

Una prima tappa che ha inaugurato un rapporto di collaborazione destinato a proseguire su vari fronti, in primis quello della partecipazione congiunta ad altre fiere di comune interesse, e a essere sancito dalla prossima firma di un protocollo d’intesa.

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