Una scuola da trasformare, non da riformare

Dirigente dal 2008 dell’IISS Ettore Majorana di Brindisi, dallo scorso anno Salvatore Giuliano è Sottosegretario di Stato al MIUR. A margine del convegno di Roma abbiamo potuto rivolgergli alcune domande sulla centralità della collaborazione con AIdAM per lo sviluppo delle competenze meccatroniche, sul ruolo che l’istruzione tecnica deve avere in Italia e su come sta cambiando l’alternanza scuola/lavoro, ponte fondamentale per favorire una relazione costruttiva tra scuola e imprese.

di Fabrizio Dalle Nogare

Da dove nasce l’esigenza di investire tempo e risorse in un progetto dedicato alla meccatronica e all’automazione?
Credo che questo settore rappresenti il futuro del nostro paese. Tra le esigenze che il settore esprime c’è anche lo sviluppo delle competenze trasversali, quelle cosiddette soft skill che sono sempre più richieste non solo nel mondo del lavoro ma, più in generale, nella società attuale. Per questo stiamo lavorando all’introduzione di nuove linee guida, rivolte in particolare ai percorsi di alternanza scuola/lavoro, sempre più orientate allo sviluppo, appunto, delle competenze trasversali. Più in generale, è opportuno raccogliere le esperienze di successo e metterle a fattor comune nel paese.

Quali sono le motivazioni che hanno spinto il MIUR a creare e condividere un percorso con AIdAM, un’associazione di categoria abbastanza verticale?
AIdAM è un’avanguardia, un punto di osservazione molto attento. Non sarebbe sicuramente intelligente non ascoltare chi si sforza di cercare di innovare il nostro paese e l’associazione ha un modo di operare sicuramente innovativo. In questi primissimi mesi di governo ho avuto già modo di confrontarmi con AIdAM diverse volte e ora credo sia arrivato il momento di tradurre questo confronto in azioni che, una volta messe a sistema, possano andare a vantaggio dell’intero paese. C’è solo da guadagnare nel dialogo tra il mondo delle imprese e quello della scuola.

Cosa può fare la politica per supportare il mondo della scuola?
Non esiste miglior investimento che quello in istruzione. Tuttavia, troppo spesso la politica ha guardato alla scuola come un qualcosa da riformare, magari mirando a ridurre le spese in poco tempo. Ovviamente considero sbagliato questo tipo di approccio perché, se si vuole affrontare nel modo giusto alla questione della scuola occorre una visione e non si possono pretendere ricadute nel breve periodo.

Da più parti si dice che gli istituti tecnici soffrono di un deficit di immagine rispetto ad altre tipologie di scuola superiore. È d’accordo con questa idea?
Condivido a maggior ragione perché sono preside di un istituto tecnico. Credo che questa sia una convinzione sociale abbastanza difficile da rimuovere, ma che può essere contrastata attraverso un orientamento intelligente e attento. Molto spesso, infatti, l’orientamento nella scuola secondaria di primo grado si conclude in maniera non sufficientemente attenta. Pertanto, agli istituti tecnici non viene dato il giusto risalto, limitandosi magari alla capacità occupazionale che possono offrire. È vero, infatti, che la scuola deve preparare al futuro ma, a mio modesto avviso, la scuola secondaria di secondo grado deve anche e soprattutto formare cittadini consapevoli. Gli istituti tecnici assicurano sia competenze specifiche, da spendere nel mondo del lavoro, così come una valida formazione curriculare. Molto spesso invece si individuano gli istituti tecnici come percorsi che non forniscono agli studenti competenze che possono essere spese nella società. Credo anche che, nell’immaginario collettivo, la cultura tecnica e scientifica viene spesso considerata secondaria rispetto alla cultura umanistica. Non è detto, invece, che sia così.

Ritiene che gli istituti tecnici siano cambiati nel corso del tempo? In cosa sono diversi, oggi, rispetto al passato?
Assolutamente sì: molte cose sono cambiate nell’istruzione tecnica negli ultimi anni. Credo che oggi gli istituti tecnici siano molto più vicini, rispetto ad altre tipologie di scuola, alla curva dell’innovazione tecnologica.
È evidente che c’è ancora tanta strada da fare perché il nostro sistema educativo è a macchia di leopardo: ci sono realtà bellissime e realtà che funzionano meno, e non è solo una questione di collocazione geografica, ma anche di mentalità. Lavorare sulla mentalità e sulle persone non può dare risultati nell’immediato, ma servono pazienza e tempo.

Gli imprenditori con cui parliamo sono generalmente soddisfatti dei risultati dei programmi di alternanza scuola/lavoro. Cosa intendete fare a questo proposito come Governo?
Nella Legge di Bilancio interveniamo fissando dei limiti minimi: 90 ore per i licei, 150 per gli istituti tecnici, 210 per i professionali, così come emendato alla Camera. Questa è però solo una soglia minima. Le istituzioni scolastiche che avranno, per tradizione, necessità o cultura, territorio, l’esigenza di progettare percorsi di qualità con una quantità maggiore di ore lo potranno fare e ci metteremo circa 100 milioni di euro su fondi PON.
Quindi, le scuole che avranno la possibilità di progettare percorsi di qualità potranno attingere a finanziamenti aggiuntivi. Inoltre, come già detto, intendiamo la nuova alternanza scuola/lavoro anche nell’ottica dello sviluppo di competenze trasversali, o soft skill. In estrema sintesi, puntiamo ad avere percorsi caratterizzati più dalla qualità che dalla quantità.

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