Quando finirà l’emergenza?

L’industria si affaccia alla ripresa produttiva dopo settimane di fermo forzato. Per il sistema dell’alluminio le maggiori incertezze riguardano l’impatto a medio termine della crisi sulla domanda, in particolare nei segmenti legati all’automotive. Abbiamo raccolto le opinioni e i commenti delle industrie
e delle Associazioni

L’Italia sta cautamente avviandosi verso l’uscita dalla fase più rigida di lockdown iniziata lo scorso 9 marzo, obbligata in un passaggio stretto tra l’imperativo di riavviare il tessuto produttivo e la consapevolezza che nel Nord del paese, dove le aziende sono più numerose, l’epidemia di Covid-19 mantiene un’aggressività preoccupante. Lo scenario è simile in tutte le economie avanzate, fatte salve le differenze tra quelle uscite prima dalla fase più critica dell’epidemia, come la Cina e la Germania, e quelle ancora interessate da una crescita molto elevata dei contagi, come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Ovunque, l’urgenza è quella di riavviare il motore del’economia, per non aggravare le conseguenze di questo shock senza precedenti che ha colpito contemporaneamente sia la domanda sia l’offerta in quasi tutti i settori economici.
Da settimane tutti i mass media mondiali riportano analisi e dipingono previsioni fosche sui tempi e sui modi di un ritorno ai livelli di crescita e benessere pre crisi; non li ripeteremo qui, ma ci limitiamo a richiamare qualche dato sullo scenario europeo evidenziato dal recentissimo Spring 2020 Economic Forecast diffuso a fine aprile dalla Commissione Europea.
L’economia dell’UE subirà una contrazione record del 7,4% quest’anno, che nell’area euro salirà al 7,7%. Nel 2021 è previsto un rimbalzo del 6,1% nell’UE e del 6,3% nell’area dell’euro, insufficiente per compensare completamente la perdita di quest’anno. Sia la recessione sia il recupero saranno irregolari, dal momento che queste stime aggregate nascondono notevoli differenze tra i paesi (dal -4,2% della Polonia al -9,75% della Grecia). La Commissione prevede che le attività economiche in Grecia, Italia, Spagna, Croazia e, in misura minore, in Francia si contrarranno maggiormente. Tra i maggiori Stati membri, l’Italia è stata colpita per prima e con la massima forza. L’economia dovrebbe contrarsi di circa il 9,5% e nonostante il progressivo allentamento delle misure di contenimento, la ripresa economica inizierà solo nella seconda metà del 2020 e sarà più lenta rispetto agli altri Stati membri. La Germania subirà una contrazione meno ripida della maggior parte degli Stati membri e tornerà più rapidamente ai livelli di produzione pre-pandemia. Tuttavia, la Germania dovrebbe sperimentare la recessione più profonda del dopoguerra, con una contrazione del’economia del -6,5% legata soprattutto alla difficoltà di riattivare le esportazioni.

L’impatto sul mercato dell’alluminio

Il Covid-19 non ha risparmiato il mercato dei metalli non ferrosi e di conseguenza quello dell’alluminio, che rappresenta circa l’1% del PIL globale, vale a dire circa 800 miliardi di dollari. Allo stato attuale, il valore globale della catena di valore dell’alluminio potrebbe subire la pandemia potrebbe significare una riduzione complessiva attorno al -5%, a condizione che la pandemia finisca entro breve tempo.
Sulla ripresa del settore mondiale dell’alluminio pesa però l’incognita Cina, che con 36 milioni di tonnellate prodotte nel 2019 (su 64 milioni prodotte nel mondo) è il leader mondiale nella produzione di alluminio primario.
Continuerà la Cina a produrre primario, anche se ne potrà assorbire molto meno di prima (si valuta un calo della produzione industriale cinese superiore al 13%)? Se la risposta è, come sembra, positiva, la Cina invaderà il mercato mondiale con valanghe di materia prima, un metallo primario ad alta impronta di CO2, proprio nel momento in cui grandi produttori mondiali come Rusal, Rio Tinto, Alcoa ed Hydro puntano su produzioni green con energia idroelettrica a bassa impronta di carbonio, e molti grandi utilizzatori sono propensi a valorizzare l’alluminio più green. Ed infine, la Cina terrà viva anche la produzione di semilavorati di alluminio, che potrà essere assorbita solo in piccola parte nel mercato interno, continuando quindi, con accresciuta pressione, ad inondare il pianeta di prodotti a prezzi sottocosto? Non c’è dubbio che il problema Cina c’è ed è ingombrante.
La Cina è comunque solo uno degli elementi d’incertezza che il sistema dell’alluminio dovrà affrontare. Durante tutto il periodo di emergenza, abbiamo cercato di monitorare le situazione nei principali mercati mondiali, interpellando Associazioni, analisti e imprenditori in Europa e nel mondo. A tutti abbiamo sottoposto la stessa griglia di domande e di argomenti e abbiamo raccolto i loro contributi nelle pagine seguenti, che illustrano gli effetti della pandemia sull’industria dell’alluminio in varie aree e le valutazioni sulle possibili evoluzioni della crisi.
Particolarmente interessante l’approfondimento curato da Alberto Pomari sulla situazione italiana, che stima l’impatto della crisi Covid-19 sul mercato nazionale dell’alluminio basandosi su un sondaggio “informale” che ha raccolto le valutazioni di alcune decine di importanti aziende di differenti comparti, dall’estrusione alle fonderie fino ai produttori di laminati e foglio sottile.