L’alluminio e le sfide per sostenibilità, ambiente e innovazione

Produzione di primario a bassa impronta di carbonio, sostenibilità della crescita degli impieghi, innovazione, nuovi prodotti e tecnologie: Anton Bazulev, responsabile dei progetti internazionali di UC RUSAL, spiega le possibili strategie globali dell’industria dell’alluminio riguardo ambiente e cambiamenti climatici.

di Mario Conserva

L’industria mondiale dell’alluminio sta affrontando sfide straordinarie, le nuove esigenze in materia di risparmio energetico e di utilizzo ottimale delle risorse nei trasporti, in elettronica, edilizia e altri impieghi sono i principali motori della domanda di metallo leggero, ma alcune questioni devono essere seriamente considerate, come ambiente e cambiamenti climatici, crescita della popolazione e urbanizzazione, innovazioni e nuovi prodotti e tecnologie. Abbiamo discusso le possibili strategie per l’industria del metallo leggero a livello globale con Anton Bazulev, responsabile dei progetti internazionali di UC RUSAL.

Cominciamo con i temi legati alle questioni ambientali e alla sovracapacità, una situazione che sembra molto simile a quella che ha interessato lo sviluppo dell’industria siderurgica, caratterizzata da forti squilibri causati da eccesso di capacità e sovrapproduzione su scala globale. Nel nostro settore, l’espansione della capacità produttiva di alluminio primario in Cina ha portato alla chiusura di smelter e alla perdita di posti di lavoro diretti e indiretti in molti paesi. Ad esempio, nel periodo 2008-2016, la produzione di primario nell’Europa occidentale è diminuita del 18%, in Nord America del 30%, in Sud America del 50%, in Russia del 12%. La questione è molto seria, basti pensare alle misure annunciate dal governo cinese per compensare con tagli alla produzione sia il forte eccesso di capacità produttiva sia lo spreco di energia e l’inquinamento ambientale. Qual è la sua opinione in merito?
Il tema che lei sta introducendo è della massima importanza per il ruolo del metallo leggero a livello globale nel nostro pianeta e un suo sviluppo sostenibile. L’alluminio è il secondo metallo più utilizzato a livello mondiale dopo l’acciaio e si prevede che la domanda globale di primario aumenterà di altri 13,5 milioni di tonnellate nei prossimi cinque anni. Ma è anche un fatto che l’ambiente è un problema importante per le persone e per il pianeta, il che significa che dovrebbe essere data maggiore enfasi ai fattori ambientali quando si parla di aumento della produzione di alluminio primario, sia per tener conto dei cambiamenti climatici a lungo termine sia delle prospettive di salute per milioni di persone. L’alluminio è un materiale con una serie di vantaggi in termini di riutilizzo e riciclabilità, il suo impiego ha un impatto favorevole sul risparmio energetico nei trasporti, nell’edilizia, nei macchinari, nell’elettronica e in altri settori, così la domanda mondiale di alluminio cresce a un tasso molto alto del 5,8%. Nonostante ciò però, l’industria dell’alluminio sta affrontando sfide molto simili a quelle che ha dovuto affrontare lo sviluppo dell’industria dell’acciaio qualche tempo fa. Negli ultimi vent’anni infatti in alcuni paesi, sussidi statali diretti e indiretti, sicurezza sul posto di lavoro, normativa ambientale e incentivi finanziari hanno distorto i meccanismi di autoregolamentazione del mercato, causando un eccesso di produzione nel mercato dell’alluminio. Il problema ha raggiunto dimensioni globali poiché le importazioni a basso costo iniziano a spostare la produzione in alcuni paesi e determinano reazioni protezionistiche nel commercio internazionale. Tuttavia, le barriere commerciali sono ben lungi dall’essere un adeguato meccanismo normativo per l’economia globale, perché non solo danneggiano i produttori esportatori, ma proteggono ben poco l’industria locale nel paese di importazione, mentre bloccano le industrie di crescita a valle che soffrono per scarsità di offerta e aumenti dei prezzi.
La situazione è stata chiaramente dimostrata dalla crisi dell’acciaio del 1990, quando l’afflusso di acciaio verso il Nord America e l’Europa ha dato luogo a reazioni commerciali con enormi danni per i consumatori, ma non ebbe effetto sul declino dell’industria nazionale. Solo una rapida crescita della domanda interna in Cina all’inizio del 2000 ha permesso di migliorare temporaneamente il mercato globale dell’acciaio, ma poi la crisi economica e la sovrapproduzione sono tornate alla ribalta. Riconoscendo questo, i leader del G20 al vertice di Hangzhou del 2016 hanno deciso di affrontare gli squilibri di mercato nel settore siderurgico creando dei meccanismi di nuovo tipo che invece di combattere le conseguenze aumentando le tariffe affrontano la vera causa del problema, vale a dire i sussidi governativi e le normative pratiche. Da allora le discussioni del Global Steel Forum e alcuni progressi compiuti entro la fine del 2017 rafforzano la mia opinione che il nostro settore abbia bisogno di un approccio simile per affrontare il problema della sovracapacità di alluminio ed evitare guerre commerciali, a tutto vantaggio dell’intera industria e in particolare dei paesi con sovraccapacità.

Per quanto riguarda la questione cinese, secondo le pubblicazioni ufficiali della Commissione europea, dall’inizio degli anni 2000, e in particolare nell’ultimo decennio, l’industria cinese dell’alluminio ha registrato una massiccia crescita, sia in allumina che nella produzione di alluminio primario. Negli ultimi anni, la Cina ha rappresentato la maggior parte dell’aumento della capacità produttiva nel settore dell’alluminio in tutto il mondo. Che cosa può dire su questo punto?
Negli ultimi dieci anni l’industria mondiale dell’alluminio ha motivi di preoccupazione per la rapida crescita della capacità della Cina, che non sempre è stata giustificata dalla domanda sottostante, seguendo esattamente i modelli espansivi dell’industria siderurgica cinese di un decennio fa. Ma l’esperienza insegna, e dopo la crisi del 2008 abbiamo diversi argomenti sull’agenda industriale globale, come efficienza energetica, economia delle risorse, tecnologie pulite e digitalizzazione, mentre si ha coscienza dei rischi per un’espansione vecchio stile dell’industria ad alta intensità di capitale, poco sicura dal punto di vista ambientale e sovvenzionata che diventa una fonte di eccesso di prodotto, crisi ambientali, perdita di posti di lavoro e crunch del credito.
Non vi è dubbio che tutti questi fattori sono stati punti trainanti di un cambiamento di politica da parte della leadership cinese, che ora è determinata ad affrontare il problema dell’eccesso di capacità nei settori dell’acciaio, dell’alluminio e di altri ambiti. Ciò include il deleveraging delle aziende e controlli ambientali più severi. Anche se i risultati pratici delle nuove priorità economiche della Cina devono ancora essere visti, ci sono chiari segnali che la leadership cinese apprezza i benefici di un dialogo industriale globale in contrasto con l’escalation del protezionismo. Vale la pena notare che la Cina è stata attivamente coinvolta nel Global Steel Forum sin dalla sua creazione storica con la decisione del vertice del G20 di Hangzhou nel 2016 e ha sostenuto i suoi lavori nella dichiarazione del vertice di Amburgo del 2017.
La “realpolitik” della posizione della Cina crea uno scenario favorevole per far avanzare l’iniziativa del Global Aluminium Forum al processo B20 e G20, che è ricominciato con il passaggio della presidenza del G20 dalla Germania all’Argentina.

Secondo lei, gli usi del metallo dovrebbero essere in qualche modo razionalizzati per mirare alla massima sostenibilità? E il riciclo dei metalli?
Non c’è dubbio che il riciclo è una buona soluzione per una catena del valore di alluminio a bassa emissione di CO2; la completa riciclabilità del metallo leggero senza alcuna perdita apprezzabile delle prestazioni durante l’intero ciclo di vita è nota per essere una delle sue principali proprietà. Va tuttavia considerato che la domanda di alluminio è in crescita, ma la disponibilità di materiali di riciclo è limitata. Oltre il 75% della domanda annuale mondiale di alluminio deve essere soddisfatta dal metallo primario, che rappresenta la quota maggiore di impatto in termini di emissioni di carbonio dell’intera catena di approvvigionamento di alluminio.
Ma è anche importante guardare a monte della produzione dell’alluminio primario; la produzione elettrolitica richiede molta elettricità (in media 12-15 kWh/kg di metallo). Negli ultimi 20 anni, la maggior parte della crescita della capacità è stata dovuta a smelter alimentati a carbone o a energia da combustibili fossili. Gli smelter a base di carbone generano da 4 a 5 volte più emissioni di gas serra rispetto a quelli basati su energia idroelettrica, le emissioni di carbonio derivanti dalla combustione di combustibili fossili creano enormi costi sociali che si perdono nel calderone dell’assistenza sanitaria pubblica, dai danni all’ambiente e dagli effetti dei cambiamenti climatici. Ciò significa che non tutto l’alluminio primario è uguale, oggi la produzione mondiale di metallo determina oltre 60 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, di cui quasi due terzi derivano da impianti che utilizzano energia elettrica da combustibili fossili. Oggi è chiaro che, a seconda delle scelte a monte, la sostenibilità delle espansioni di capacità è molto diversa. Crediamo che il mondo non possa permettersi un aumento degli impianti di produzione a carbone. D’altra parte, come ho detto prima, molti grandi utenti finali di metallo leggero da tempo richiedono specificamente alluminio prodotto da impianti caratterizzati da basse emissioni di carbonio che è appunto il caso di quelli a energia idroelettrica.

Esistono collegamenti tra la capacità produttiva del metallo primario e la produzione sostenibile dal punto di vista ambientale?
E’chiaro che per produzioni ad alta intensità energetica come quella dell’alluminio, solo l’utilizzo fonti energetiche rinnovabili può contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra, quindi al rispetto dei principi di uno sviluppo sostenibile. Al contrario, le capacità produttive in eccesso si basano in gran parte sulla produzione di energia elettrica basata sul carbone e la loro esistenza dal punto di vista finanziario diventa possibile o perché gli standard ambientali vengono trascurati oppure perché vengono sussidiate per coprire i costi legati al rispetto delle norme. L’attuazione di una regolamentazione ambientale più severa sotto gli aspetti tecnici e normativi metterà tutti allo stesso livello e costringerà le società più inefficienti ed inquinanti a uscire dal mercato. Ricordo, ad esempio, che in risposta all’espansione insostenibile della capacità produttiva unita a crescenti preoccupazioni ambientali, il governo cinese ha annunciato misure, tra cui standard per il consumo di energia e di emissioni di gas serra. In conclusione, secondo le ultime stime la capacità di produzione dell’alluminio elettrolitico in Cina continuerà a crescere, ma ciò avverrà ora in modo più sostenibile.

Durante l’ultimo Metef a Verona, la rivista A&L ha pubblicato una breve intervista a Jerome Lucaes, Direttore Marketing e Sostenibilità di UC RUSAL, il quale parlando dell’impegno della vostra azienda riguardo al futuro dell’alluminio e agli aspetti di sostenibilità ambientale, ha dichiarato che la domanda globale di alluminio raggiungerà il suo pieno potenziale solo se la produzione di metallo crescerà in modo accettabile per il pianeta e la società. Ha concluso affermando che RUSAL è il maggior produttore di metallo a basse emissioni di CO2, producendo oltre 3,9 milioni di tonnellate di alluminio con il 95% dell’elettricità utilizzata dai suoi smelter basati su fonti energetiche a bassa emissione di CO2, principalmente energia idroelettrica. RUSAL ha riaffermato con determinazione la sua visione su questo tema, lanciando ALLOW, Low CO2 Aluminium, vale a dire alluminio prodotto con energia idroelettrica. Cosa può dirci su questa nuova proposta di RUSAL?
Essendo uno tra i produttori leader di alluminio, UC RUSAL segue con grande attenzione ogni cambiamento nelle preferenze dei consumatori. Al riguardo osserviamo una crescente domanda di prodotti a basso impatto ambientale, che ci stimola a introdurre nuove tecnologie pulite riducendo ulteriormente gli input di carbonio lungo tutta la catena del valore, dalla produzione di energia fino al prodotto finito.
Nel 2017 RUSAL ha presentato il marchio ALLOW di alluminio a basso tenore di carbonio; il metallo primario distribuito con questo marchio ha un’impronta a basse emissioni di carbonio con meno di 4 tonnellate di CO2 equivalente per tonnellata di alluminio (scope 1 e 2 allo smelter), ed è accompagnato da una certificazione attestante che è prodotto appunto con emissioni di CO2 minime (il tasso medio dell’industria mondiale è di 12-15 tonnellate di CO2 equivalente per 1 tonnellata di alluminio). ALLOW sfrutta l’accesso di RUSAL alle energie rinnovabili, che riduce il costo ambientale della produzione a valle dei nostri clienti, e sottolinea il ruolo nella decarbonizzazione dell’economia europea delle catene del valore transfrontaliere, che beneficiano solo di un commercio equo e liberalizzato.

Abbiamo sinora parlato a lungo della posizione di RUSAL in merito agli aspetti di salvaguardia ambientale e alla sostenibilità della produzione di metallo primario; RUSAL guarda anche con grande interesse alla ricerca e all’innovazione nel settore dell’alluminio, dalla metallurgia alle nuove leghe, dalle tecnologie e processi alle applicazioni finali. In quali direzioni principali è indirizzato l’impegno della compagnia?
UC RUSAL investe fortemente in nuove tecnologie di produzione e nuovi prodotti per ottimizzare la produzione, ridurre i costi e ridurre l’impatto ambientale dell’azienda. Tra i nostri progetti chiave ci sono la messa in servizio di nuove potentissime celle RA-550 (le cui prestazioni ambientali ed energetiche sono senza precedenti) e la tecnologia degli anodi inerti negli smelter in Siberia; in parallelo prosegue lo sviluppo di nuovi prodotti in alluminio ad alto valore aggiunto per soddisfare la domanda dei clienti e l’applicazione della nuova tecnologia di lavorazione del minerale.

Durante Metef si è parlato molto di un progetto per estendere la partnership tra l’alluminio italiano e russo, con un Aluminium Forum russo-italiano che si terrà nell’ambito dei prossimi eventi industriali in Russia per scambiare le esperienze tra i comparti dell’alluminio russo e italiano, due industrie che sono di grande valore per l’alluminio e mostrano interessanti opportunità di forte integrazione. Si tratta di un’iniziativa di grande rilevanza strategica promossa dalla Russian Aluminum Association, Metef, A&L Magazine, Face Federazione dei consumatori di alluminio in Europa, con il supporto di RUSAL. Lei è uno dei promotori del progetto, cosa puoi dirci al riguardo?
Attualmente, l’industria russa dell’alluminio è in crescita, eppure non abbiamo alcun forum internazionale rappresentativo dedicato allo sviluppo dell’industria high-tech del metallo leggero nel nostro paese con la partecipazione di importanti esperti mondiali. La Russian Aluminum Association sta attivamente discutendo e valutando la realizzazione di un evento del genere con nostri partner europei, tra cui appunto Metef e FACE. L’Italia ha una vasta esperienza nello sviluppo di un’industria del downstream dell’alluminio a elevati contenuti tecnologici, leader nel mondo e, considerate le dinamiche positive dei legami commerciali e economici italo-russi, un forum dell’alluminio italo-russo potrebbe diventare uno strumento importante per promuovere la cooperazione industriale bilaterale.
L’idea è di invitare le aziende italiane che rappresentano diverse aree di produzione e applicazione dell’alluminio a condividere la loro esperienza e stabilire contatti commerciali con l’industria russa. Il concept e il progetto in agenda dovrebbero essere presentati nel prossimo futuro, si spera a fine febbraio 2018; dovrà essere sarà un evento molto importante e della massima attualità e richiederà seri sforzi da tutte le parti.