La Commissione Europea saprà cogliere l’opportunità dell’alluminio verde?

Il fabbisogno europeo di alluminio è in crescita costante. Se la Commissione avrà la lungimiranza di favorire l’approvvigionamento di primario extra-UE a bassa impronta di carbonio e di sostenere il virtuoso metallo secondario, il downstream dell’alluminio potrà effettivamente diventare un pilastro della decarbonizzazione dell’industria europea

Esprimiamo il nostro apprezzamento per la proposta della Commissione Europea di mettere in campo nuovi strumenti per fronteggiare adeguatamente le perturbazioni causate dai soliti noti, come molte imprese cinesi, che operano con grande disinvoltura nel mercato, creando con ogni sorta di marchingegni condizioni di scorretta competitività per la catena di valore dell’alluminio nell’UE. Da tempo ci battiamo in ogni modo per una difesa commerciale dell’UE molto più efficace e reattiva contro l’invasione di materie prime e prodotti riferiti alla nostra filiera; da troppi anni ad esempio il downstream del metallo leggero è penalizzato da un dazio irragionevole sul metallo grezzo, costruito su un sistema di codifiche doganali prive di logica create ad arte nel 2009, che mettono insieme e sullo stesso piano il metallo primario di ogni tipo, provenienza, tecnologie produttive e impronta di CO2 con quello secondario, che ha tutt’altro ciclo produttivo, varietà di impiego e profilo di mercato. Quest’ultimo è un punto sostanziale, perché in EU abbiamo carenza produttiva di primario, occorre importarne intorno al 70% del fabbisogno; occorre favorirne il flusso perché, nonostante il sussidio del dazio, stanno scomparendo piano piano i grandi smelter e occorre pensare che negli anni a seguire questa fame di metallo primario sarà ancora più forte. In poche parole, oggi più che mai non si capiscono i motivi di una protezione che non protegge nessuno, ma danneggia il downstream per oltre un miliardo di euro all’anno come hanno dimostrato gli studi dell’Università Luiss.

Di contro abbiamo un ottimo sistema produttivo di metallo secondario virtuoso, basato su un’esperienza consolidata da decenni di refiners e remelters, che offre ottimo metallo da recupero e riciclo. Un’industria questa sì che va salvaguardata con protezioni tariffarie opportune, perché a sua volta aiuta a conservare e rimettere in ciclo il patrimonio rappresentato dal metallo da recuperare nei territori. Sono quanto mai opportune quindi le posizioni che finalmente con chiarezza, buona determinazione e senza tanti imbarazzi sta portando avanti la nuova Commissione, con crescente attenzione alla concorrenza asimmetrica su semilavorati importati a condizioni sottocosto, in maggior parte dalla Cina e, come conseguenza dell’emergenza Covid-19, alla minaccia di essere invasi da primario ad altissima impronta di carbonio in libertà e in cerca di utilizzo a causa di incontrollati eccessi di capacità produttiva. Finalmente si parla di pesare concretamente l’impronta di CO2 del metallo in modo da premiare le produzioni virtuose, sosteniamo da sempre queste posizioni, abbiamo affermato in tempi non sospetti che per uno scenario di tranquillità nell’Unione Europea non potessero esserci alternative alla indispensabile collaborazione del nostro esteso downstream con i grandi fornitori extra comunitari di ottimo metallo primario, come Rusal ed i Paesi del Golfo. E dire che solo pochi anni fa qualche benpensante illuminato ci accusava di eccessive simpatie verso i produttori del Golfo; forse non aveva fiducia, o non aveva cognizione, delle previsioni di crescita del nostro metallo che nel 2050 dovrebbe raggiungere un consumo globale di 150 milioni di tonnellate, costituito da 100 milioni di primario ed il resto di secondario. Il consumo attuale è di circa 100 milioni di tonnellate, due terzi del quale soddisfatto da alluminio primario e il resto da metallo da riciclo.

Riteniamo giusta e corretta la scelta di premiare tutti i possibili percorsi di decarbonizzazione della filiera, crediamo anche che, pensando a quei 100 milioni di primario di previsto fabbisogno tra qualche decennio e tenendo conto che oggi solo il 10% dell’alluminio primario viene prodotto utilizzando energia idroelettrica, quella a minor impronta tra le disponibili, ogni misura debba essere valutata con molta saggezza ed equilibrio, in particolare pensando ad evitare misure pesanti sul piano economico sino a rendere meno competitivo il nostro downstream. Riteniamo a questo punto che le economie avanzate dovranno in primo luogo selezionare i produttori virtuosi, ma anche dovranno impegnarsi ad aiutare le economie emergenti a convertirsi nella produzione di energia pulita migliorando le tecnologie esistenti e facendo ricerca e sviluppo per scoprirne di nuove. L’alluminio è il materiale ideale per un futuro amico dell’ambiente e circolare in termini di salvaguardia delle risorse, quindi è necessario sostenerne la catena di valore strategica per la ripresa dell’Europa verde. L’alluminio verde è alle porte, è un grande risultato averne costruito una filosofia industriale, per il nostro metallo è una ambiziosa sfida epocale che merita una pianificazione ed una road-map molto attenta, equilibrata e condivisa.