L’industria bresciana dei metalli guarda oltre l’emergenza Covid-19

Il presidente di Confindustria Brescia, Giuseppe Pasini, sottolinea la tenuta del comparto della metallurgia ferrosa e non ferrosa durante la pandemia, in particolare nel Nord Italia e nell’area di Brescia, la Valley europea della lavorazione dei metalli, dall’acciaio, ai metalli rossi, all’alluminio

Giuseppe Pasini è il presidente di Confindustria Brescia, che riunisce anche l’eccellenza della metallurgia italiana, sia del ferroso sia del non ferroso. Quindi non solo siderurgia, dove tra i principali operatori c’è proprio il Gruppo Feralpi guidato da Giuseppe Pasini, tra i primi produttori europei di acciaio per l’edilizia con un fatturato di 1,3 miliardi di euro. Ma anche la metallurgia dell’ottone, del rame, dello zinco, del piombo ed in particolare dell’alluminio, un comparto questo in straordinaria crescita negli ultimi decenni.

Le prime dieci province italiane per addetti nel settore dei metalli non ferrosi
Le prime dieci province italiane per addetti nel settore dei metalli non ferrosi

Cominciamo dal tema centrale dei giorni nostri, come sta affrontando la crisi economica da Covid-19 il settore metallurgico in Lombardia e nel Nordest?

“La metallurgia, del ferroso e del non ferroso, è tra i settori con migliore tenuta nell’industria italiana. L’acciaio in particolare ha mostrato una resilienza incredibile. In Lombardia e anche nel Nordest, da quel che mi raccontano i colleghi veneti e friulani, la siderurgia per esempio non ha sofferto grandi perdite di ordini e i bilanci hanno tenuto in termini di solidità e redditività, come dimostrato nella recente presentazione di Bilanci d’Acciaio di Siderweb”.

Composizione del Consiglio di settore per la Meccanica di Confindustria Brescia
Composizione del Consiglio di settore per la Meccanica di Confindustria Brescia

Quindi ci furono più danni nel 2008?

“Allora la crisi finanziaria comportò una mancanza di liquidità con contraccolpi mondiali, dato che in particolare la siderurgia era tra le colonne portanti delle economie orientali e occidentali. Nella crisi per la pandemia, invece, la siderurgia ha tenuto. Durante il lockdown abbiamo messo in piedi una struttura adeguata per rimanere competitivi. Mi riferisco, per esempio, alle Task force nate in tempi strettissimi e ai comitati di resilienza per rendere strutturale la capacità di reazione. Ci sono aziende che stanno investendo nel lungo termine. Perché nella siderurgia ci vogliono dai 5 ai 10 anni affinché gli investimenti in ambito ambientale o di processi comportino degli effetti. Decidiamo oggi quel che saremo fra 10 anni, quindi occorre avere idee chiare ed essere anticipatori”.

Composizione del Consiglio di settore per Metallurgia, siderurgia e mineraria di Confindustria Brescia
Composizione del Consiglio di settore per Metallurgia, siderurgia e mineraria di Confindustria Brescia

Come si colloca il nostro settore metallurgico rispetto ai concorrenti tedeschi?

“Dopo la Germania l’Italia è seconda in Europa, con distretti come quello bresciano nati dalla diffusione delle competenze da alcune grandi aziende del territorio. La Germania ha certamente una storia industriale più antica, soprattutto nell’industria pesante, dove i bacini carboniferi hanno fatto la differenza. Inoltre il sistema tedesco ragiona in termini di rete, politecnici e università sono tradizionalmente collegati alle imprese. I tedeschi poi ci fanno capire il valore del brand industriale, ne hanno creati molti e l’esempio più lampante è quello dell’auto, dove sono riusciti ad essere sinonimo di qualità top. Un’azienda con un forte brand ha una marcia in più: non è sostituibile come un fornitore indifferenziato”.

Qual è la tradizione bresciana della metallurgia dei non ferrosi ed in particolare dell’alluminio?

“Brescia è un primato nazionale. Le società di capitali bresciane attive nella produzione e nella fonderia e trasformazioni dei metalli non ferrosi sviluppano oltre 3 miliardi di fatturato (elaborazioni Centro Studi Confindustria Brescia su dati AIDA)con una positiva ricaduta sociale. Nel 2018 il settore ha occupato 9297 addetti, di cui 3641 nel comparto produzione e 5656 in quello fusione (elaborazioni Centro Studi Confindustria Brescia su dati ISTAT). La seconda provincia d’Italia dopo Brescia, come concentrazione nella metallurgia del non ferroso, è Torino, ma ben distanziata con 1500 addetti. Grandi gruppi bresciani continuano ad essere un punto di riferimento trasversale: dal riciclo, estrusione, fonderia e pressocolata fino alle lavorazioni meccaniche e finiture, compresa l’impiantistica per le tecnologie di produzione e trasformazione. L’alluminio fa da sempre parte del nostro cuore manifatturiero. Già oltre 25 anni fa nacque proprio a Brescia una delle più importanti manifestazioni fieristiche internazionale dedicata al metallo leggero e sue leghe”.

Quali sono i mercati dell’alluminio bresciano?

C’è una grande tradizione sia di fonderie sia di lavorazioni downstream del metallo leggero. Molte sono le realtà che operano nell’automotive, producendo componentistica per la filiera internazionale. In primis per l’industria automobilistica tedesca, che trova nel Bresciano molti fornitori accreditati di primo livello (OEMs) e secondo livello (Tier 1, 2, 3). E poi l’alluminio per le costruzioni, a partire dal grande mercato internazionale delle facciate e degli involucri esterni degli edifici. Da sottolineare, inoltre, l’utilizzo crescente dell’alluminio nei trasporti pubblici. Per esempio, nel settore ferroviario in combinazione con l‘acciaio per la carrozzeria e la componentistica d’interni dei vagoni e nell’elettrificazione delle linee e degli stessi impianti interni dei treni”.

Concludiamo con breve accenno alla Feralpi, ci può dire in poche parole quali sono i punti di forza di questa grande azienda?

“Sicuramente aver pensato per tempo all’internazionalizzazione. Già dagli anni ‘70 guardavamo al mercato tedeschi, vendevamo in Germania tondo per cemento armato e derivati per il mercato delle costruzioni. In partnership con due imprenditori, commercianti siderurgici tedeschi, siamo andati poi nel 1992, subito dopo la caduta del Muro di Berlino, a produrre direttamente nel più grande mercato europeo dopo aver acquisito un’azienda che ha sede a Riesa, tra Dresda e Lipsia. E ci siamo rimasti. Oggi siamo ricchi di un’esperienza diretta in loco quasi trentennale. Lì abbiamo portato un po’ di flessibilità tipicamente italiana. Oggi in Germania abbiamo oltre 700 dipendenti, con una serie di acquisizioni di importanti quote di clienti. Circa le tante buone qualità di Feralpi, vorrei poi ricordare il nostro concetto di partnership con i clienti finali: non è sufficiente produrre acciaio con qualità, oggi la competizione la vinci anche con il servizio. Lavoriamo l’acciaio secondo le specifiche esigenze dei clienti, operiamo nelle grandi opere e infrastrutture. Infine, in Feralpi sono centrali le nostre persone, crediamo nel welfare aziendale, e continuiamo ad investire nella protezione e nel coinvolgimento attivo dei nostri dipendenti perché il loro benessere è fondamentale per il futuro dell’azienda”.