La tecnologia CCS per un futuro più verde

“Carbon Capture and Storage” (CCS) è un processo tecnologico che consente di evitare l’immissione in atmosfera della CO2 proveniente da attività industriali. Vediamo le fasi in cui si articola, le tipologie di sistemi di cattura e le ultime innovazioni.

L’obiettivo della “Carbon Capture and Storage” (CCS) è ridurre le emissioni di gas serra e quindi mitigare il cambiamento climatico. Ha un ruolo fondamentale nella decarbonizzazione dei settori ‘’hard to abate’’, per i quali non esistono a oggi altre soluzioni altrettanto efficaci. Proprio per questo l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) nel suo rapporto del 2023 ha definito la CCS come tecnologia imprescindibile per centrare gli obiettivi climatici globali. A sua volta, la IEA (Agenzia Internazionale dell’Energia) stima che la CCS contribuirà a ridurre del 10% il totale delle emissioni da abbattere nei prossimi 30 anni, arrivando a un valore di 6,2 miliardi di tonnellate “catturate” nel 2050. Dal 2022, circa un millesimo delle emissioni globali di CO2 viene catturato tramite CCS, e la maggior parte dei progetti riguarda la lavorazione del gas fossile.  La tecnologia ha generalmente un tasso di efficienza compreso tra il 50 e il 68% del carbonio catturato, ma alcuni progetti hanno superato il 95% di efficienza. I termini CCS e CCUS (“Carbon Capture, Utilization, and Storage”) sono spesso usati in modo intercambiabile. La differenza fra i due è l’utilizzo specificato della CO2 catturata per altre applicazioni, come il recupero potenziato del petrolio (EOR), la potenziale produzione di combustibile liquido o la produzione di beni di consumo utili, come la plastica. Poiché entrambi gli approcci catturano la CO2 emessa e la immagazzinano, i due termini sono spesso trattati allo stesso modo.

Le tre fasi del processo CCS: cattura, trasporto e stoccaggio

Più in dettaglio, nel processo CCS un flusso relativamente puro di anidride carbonica proveniente da fonti industriali viene separato, trattato e trasportato in un luogo di stoccaggio a lungo termine. La CO2 può essere catturata direttamente da una fonte industriale, come un cementificio, un’acciaieria, un impianto chimico o un impianto a biomasse, utilizzando una varietà di tecnologie, inclusi assorbimento, adsorbimento, circuito chimico, separazione del gas a membrana o idratazione del gas. La CO2 viene quindi immagazzinata in una formazione geologica sotterranea. La tecnica CCS si articola in tre fasi: cattura, trasporto e stoccaggio. Nella fase di cattura, la CO2 viene separata con l’ausilio di tecnologie collocate prima o dopo la combustione (per esempio cattura di postcombustione per assorbimento chimico, cattura di precombustione per gassificazione del combustibile, cattura per condensazione da gas refluo dopo ossicombustione). Il trasporto della CO2, qualora il sito di confinamento non si trovi già in prossimità del luogo di potenziale rilascio, può avvenire allo stato supercritico attraverso pipeline ad alta pressione o in forma liquida per mezzo di navi. Lo stoccaggio, infine, si realizza mediante iniezione e confinamento del gas all’interno di formazioni geologiche sotterranee idonee e sicure (giacimenti di idrocarburi in via di esaurimento, acquiferi salini, giacimenti di idrocarburi). Il National Energy Technology Laboratory (NETL) degli Stati Uniti ha riferito che, ai tassi di produzione attuali, il Nord America ha una capacità di stoccaggio di CO2 sufficiente per più di 900 anni. Un problema generale è che le previsioni a lungo termine sulla sicurezza dello stoccaggio sottomarino o sotterraneo sono molto difficili e incerte, e c’è ancora il rischio che parte della CO2 possa fuoriuscire nell’atmosfera. Nonostante ciò, una recente valutazione stima che il rischio di perdite importanti sia piuttosto basso.

Tecnologie di cattura nell’industria

Esistono sostanzialmente tre diverse tipologie di sistemi di cattura della CO2 a livello industriale. Il primo è quello della post-combustione, nel quale la CO2 viene catturata dai fumi di combustione esausti tramite assorbimento in un solvente chimico. La CO2 viene poi separata dal solvente e compressa per poter essere trasportata e stoccata. Altri metodi di separazione post-combustione sono per filtrazione tramite membrana ad alta pressione, o separazione criogenica. Nel sistema della pre-combustione, il combustibile viene convertito prima della combustione in una mistura di idrogeno e anidride carbonica usando un processo di gassificazione. La CO2 può essere poi trasportata e stoccata, mentre l’idrogeno, miscelato con l’aria, può essere usato come combustibile per la produzione di elettricità e, potenzialmente, per alimentare vetture a idrogeno. Un tipico esempio di questo processo è un impianto a ciclo combinato a gassificazione integrata (“Integrated Gasification Combined Cycles” – IGCC) nel quale il carbone viene trasformato in gas di sintesi prima della combustione. Infine, nel sistema dell’ossicombustione, o combustione in ossigeno, si utilizza ossigeno puro, o aria altamente arricchita, in camera di combustione. Questo tipo di combustione produce principalmente vapore e anidride carbonica concentrata, più semplice da trattare e inviare allo stoccaggio. A questi si affiancano sistemi di cattura e sequestro dell’anidride carbonica presente in ambiente, noti come “Carbon Dioxide Removal” (CDR).

Con la tecnologia CCS si trovare una valida alternativa all’impiego di solventi amminici

Relativamente alla cattura della CO2, la sfida da affrontare è quella di sviluppare una tecnologia innovativa che offra un’alternativa alle tecnologie convenzionali basate sull’impiego di solventi amminici (cioè soluzioni acquose di ammine specifiche, di diversa natura). Per esempio, la tecnologia in fase di sviluppo presso i laboratori Eni è basata sull’utilizzo di miscele solventi innovative contenenti liquidi ionici. I tratti distintivi di questa innovazione sono l’alta flessibilità nel trattare gas di diversa composizione (contenuto di CO2), l’elevata stabilità del solvente, un principio di cattura che sfrutta sia la chimica che le caratteristiche fisiche della CO2 e la bassa tossicità. L’anidride carbonica catturata in uno dei precedenti modi può essere trasportata e iniettata in un adeguato sito di confinamento, ovvero una trappola geologica che possa contenere tale gas per un periodo di tempo dell’ordine delle centinaia di anni. La CO2 catturata può anche essere usata per il recupero assistito di quantità di idrocarburi, che altrimenti non potrebbero essere recuperate. In questo caso, viene iniettata in un giacimento petrolifero (al posto di acqua o gas naturale) ripressurizzando il giacimento, permettendo agli idrocarburi di risalire in superficie rimanendo, al contempo, intrappolata nel giacimento.

Gli sviluppi e le opportunità

Grazie alle tecnologie CCS e CCU, la CO2 può diventare la base per la creazione di nuove filiere produttive, e questo è vero soprattutto per l’industria dell’energia. Per quanto riguarda l’Italia, le industrie “hard to abate” contribuiscono a circa il 20% delle emissioni complessive. A oggi non ci sono alternative tecnologiche percorribili in tempi rapidi per ridurre le loro emissioni. Sempre nell’ambito dello storage, un ulteriore aspetto positivo è la possibilità di riutilizzare campi a gas esauriti e asset dismessi, come quelli di Hamilton, North Hamilton e Lennox di Eni UK, che verranno interessati dal progetto HyNet. O ancora quelli presenti nell’offshore di Ravenna, anch’essi di Eni. Per quanto riguarda HyNet, le attività di CCS avranno una capacità iniziale di 4,5 milioni di tonnellate l’anno di CO2 (Mton/a), con possibilità di espanderla fino a 10 Mton/a entro il 2030. Le emissioni proverranno dalle industrie del Nord-Ovest dell’Inghilterra e del Nord del Galles, catturate direttamente ai camini e trasportate fino ai giacimenti esauriti. Oltre alla CCS, verrà realizzato anche un importante sito di produzione di idrogeno. Per quanto riguarda l’utilizzo della CO2, Eni sta lavorando sulla tecnologia della mineralizzazione, progetto basato sulla reazione tra CO2 e alcune fasi minerali, principalmente silicati di magnesio e/o calcio. Questa reazione, che avviene spontaneamente in natura, ma in tempi molto lunghi, è alla base di processi industriali in grado di fissare in modo permanente grandi quantità di CO2 sotto forma di prodotti inerti, stabili e non tossici. Un’ulteriore area di ricerca riguarda metodi per utilizzare la CO2 nella produzione di metanolo, un vettore energetico con grandi potenzialità. Un progetto di più ampio respiro, invece, punta a catturare la CO2 direttamente a bordo dei veicoli.