Perché puntare sull’alluminio verde

Torniamo a parlare di alluminio verde perché è questo uno dei punti di merito del metallo leggero nelle prospettive di sviluppo dei prossimi decenni. Quando si parla di “verde” ci si riferisce a molti aspetti della ecosostenibilità che mette l’alluminio al primo posto tra altri materiali di uso industriale per la realizzazione del ciclo di economia circolare. L’alluminio ha bisogno di energia per essere prodotto, come gli altri materiali, ma ha una marcia in più perché può essere recuperato e rimesso in ciclo senza perdere le sue caratteristiche, e per questo serve solo il 5% dell’energia prodotta all’inizio del ciclo. In sostanza, l’alluminio richiede energia per la produzione di primario, ma la conserva indefinitamente grazie al riciclo del materiale; è un’opportunità ben gestita, il metallo proveniente dal riciclo copre attualmente oltre il 30% del fabbisogno globale e si prevede di arrivare anche oltre il 50% entro il 2050; a livello europeo, il metallo recuperato copre già oltre il 35% delle necessità e in Italia siamo al 50% circa, che viene considerato oggi da molti analisti il massimo ottenibile, considerando il ciclo di vita dei prodotti, lo sfasamento tra disponibilità di rottami e richiesta continuamente in crescita di metallo grezzo, la difficoltà di immaginare un recupero integrale di rottami vecchi, e tenendo infine conto che l’alluminio secondario dovrà essere arricchito con metallo primario per molti utilizzi finali. Ma l’alluminio non è verde solo per la facilità del riciclo: da alcuni anni si stanno sviluppando iniziative da parte dei grandi produttori di primario per differenziarlo in funzione dell’impronta di CO2, dipendente a sua volta dalle caratteristiche tecniche dell’impianto produttivo e dal tipo di energia elettrica impiegata (da combustibili fossili, da gas, idroelettrica, nucleare). Sono passi decisivi verso la decarbonizzazione dei processi industriali per frenare l’alterazione del clima e che introducono nuove variabili nel panorama dell’offerta. Oggi non tutti i tipi di alluminio primario sono uguali, l’impronta di CO2 di un primario prodotto in uno smelter alimentato con energia da idrocarburi è come minimo 3-4 volte più alta di quella di un primario prodotto da energia idroelettrica, nucleare, solare o eolica. E’ interesse di tutti valorizzare le tecnologie e i prodotti più virtuosi, premiando in Europa, che ha grave carenza produttiva di alluminio primario e non ha saputo sinora elaborare una seria proposta sul piano energetico per fermare la fuga degli smelter, sia lo sviluppo del riciclo sia l’afflusso di metallo virtuoso a bassa impronta di CO2.