Il paradosso della tecnologia “obbligata”  

A cura di Domenico Di Monte, Vice Presidente FEDERTEC

Parlare di sostenibilità, intesa come la necessità di concepire o rielaborare prodotti e processi produttivi che abbiano il minor impatto possibile su società, economia ed ambiente, è quasi scontato. Anche gli esempi classici legati al settore automotive e a quello del packaging appaiono ormai ‘inflazionati’. Val la pena tuttavia evidenziare una caratteristica che accomuna le indicazioni legislative legate a questi due mondi e che è rappresentativa di un errore macroscopico rispetto all’approccio e al ruolo che i legislatori hanno avuto nell’affrontare il tema della sostenibilità, e in particolare gli aspetti legati alla salvaguardia dell’ambiente.

Parlando di “elettrificazione” nel settore automotive e di progressiva sostituzione della tecnologia dei motori a combustione interna con quelli elettrici, vengono indicate scadenze nemmeno troppo lontane per un cambio tecnologico che avrebbe lo scopo di ridurre le emissioni di CO2 e dunque l’inquinamento.
Per quanto condivisibile e nobile possa essere l’intento, ciò che rende questa indicazione singolare, se non unica nel suo genere, è che non viene indicato come obiettivo “la riduzione delle emissioni”, lasciando ai tecnici l’onere di elaborare la soluzione migliore da implementare, ma viene indicata una tecnologia da sviluppare, dunque viene già fornita l’ipotetica soluzione. Questo di fatto riduce e quasi ostacola uno sviluppo tecnologico orientato al vero obiettivo “riduzione delle emissioni legate al comparto automotive” che potrebbe seguire più strade, più soluzioni includendo, per esempio, l’intera filiera del comparto (siamo sicuri che i processi di realizzazione/gestione/smaltimento delle batterie elettriche non impattino sulla sostenibilità riducendo i benefici ottenuti con la riduzione delle emissioni del motore ecc.?). 

Il legislatore dovrebbe ragionare per macro-obiettivi economico/sociali secondo il paradigma ESG (Environmental-Social-Governance) che definisce i tre pilastri del concetto di sostenibilità, lasciando a chi ha competenze specifiche l’onore e l’onere di elaborare la miglior soluzione possibile: il vero progresso sostenibile nasce da qui. Il cosiddetto ‘paradosso della plastica’ segue le stesse logiche. L’indicazione di eliminare la plastica dagli imballaggi avrebbe l’obiettivo di ridurre l’impatto di questo materiale inquinante sull’ambiente. Tuttavia vietarne l’utilizzo non può essere la panacea di tutti i mali. Anche in questo caso, se si considera la filiera logistico produttiva che riguarda la gestione delle bottiglie di plastica, appare evidente come la sostituzione con il vetro sia meno conveniente di quanto si possa pensare dal punto di vista ambientale. A parità di bottiglie vuote da movimentare, l’equivalente di un carico di bottiglie da “formare” in plastica che viaggiano su strada, sono dieci camion di bottiglie in vetro che devono essere fornite già “finite”, dunque più ingombranti. Questi camion inquinano dieci volte di più, ma poiché la logistica non rientra negli aspetti analizzati dal legislatore, ecco che la sostituzione dei due materiali appare ecologicamente conveniente. L’abuso della plastica è un fatto provato e va sicuramente regolamentato; tuttavia ci sono altri aspetti legati sia ai materiali, sia al riutilizzo, alla modifica della funzione d’uso, al recupero o a processi produttivi o logistici che possono contribuire a raggiungere il vero obiettivo grazie a un prodotto e ad una produzione “sostenibile”. I due esempi citati sicuramente necessiterebbero di analisi più approfondite, ma il mio obiettivo era semplicemente evidenziare l’importanza della conoscenza industriale, settoriale e applicativa quando si devono definire leggi o indicare politiche economiche che coinvolgono la società intera. Ancora una volta mi sento di affermare che le associazioni di settore dovrebbero essere coinvolte dalle istituzioni in maniera continua e concreta fin dalle prime battute, soprattutto quando si parla di piani industriali, politiche economiche e obiettivi di sistema. Questo permetterebbe di evidenziare peculiarità industriali specifiche e di recepire le indicazioni sugli obiettivi macro per poi tradurle in soluzioni tecnologiche: il processo non può funzionare al contrario. Di fatto è esattamente quanto avviene in azienda per la creazione di un nuovo prodotto: si definiscono gli obiettivi strategici a partire dall’analisi delle esigenze del mercato, dopodiché i tecnici esperti elaborano una soluzione tecnologica. Quindi, parlando di trasmissioni, fluid power e meccatronica andrà coinvolta FEDERTEC, nel caso del packaging UCIMA, UCIMU per le macchine utensili e così via, e in generale per l’industria dei beni strumentali l’interlocutore dovrà essere FEDERMACCHINE con tutte le associazioni impegnate a creare le condizioni perchè venga realizzata la miglior soluzione tecnologica che risponda a tematiche socio/economiche/ambientali.