Idrogeno: la sfida delle stazioni di rifornimento

In un’epoca in cui il cambiamento climatico impone un cambio decisivo a favore dell’ambiente, l’idrogeno gioca un ruolo fondamentale. WIKA ci illustra quali sono le sfide che la misura dovrà affrontare per far funzionare le stazioni di rifornimento.

Il cambiamento climatico non può essere fermato senza un cambiamento radicale dei modelli di mobilità. Questo significa inevitabilmente “game over” per il tradizionale motore a combustione interna. La sua scomparsa sarà accelerata dall’aumento della domanda di veicoli con propulsori a zero emissioni. L’idrogeno è sempre più al centro dell’attenzione, perché le celle a combustibile ad H2 offrono prestazioni simili a quelle dei motori benzina e diesel. In tutto il mondo si stanno formulando obiettivi ambiziosi per la mobilità a idrogeno nel trasporto stradale, soprattutto per quanto riguarda i veicoli commerciali. Le aziende di trasporto e logistica hanno iniziato a convertire le loro flotte, e oggi sempre più spesso si vedono auto alimentate a idrogeno.

L’importanza di una rete estesa di stazioni di rifornimento

Ulteriori progressi nella mobilità a idrogeno dipenderanno dal nostro successo nell’estendere la rete di stazioni di rifornimento, in modo che non siano necessarie deviazioni per rifornire i veicoli. Attualmente esistono circa 700 stazioni di rifornimento di idrogeno (HRS, “Hydrogen Refuelling Stations”) in tutto il mondo, e si prevede che questo numero salga a 6.000 entro il 2030. Parallelamente all’espansione della rete HRS, sarà fondamentale incrementare la produzione di idrogeno verde, ovvero la produzione di H2 per elettrolisi utilizzando energie rinnovabili. Questo è considerato l’unico metodo veramente neutrale per quanto riguarda il clima. Il prodotto degli impianti che producono idrogeno verde viene consegnato alle stazioni di rifornimento nei cosiddetti rimorchi tubolari, che consistono in semirimorchi con un gruppo di sette serbatoi tubolari in acciaio. In futuro, questi serbatoi lasceranno progressivamente il posto a quelli di tipo IV in fibra di carbonio, progettati per una pressione più elevata (500 bar anziché 200) e con una tara inferiore, che consentirà un carico utile maggiore. Questo rappresenta un passo importante negli sforzi per aumentare la capacità di stoccaggio dell’HRS a più di 1 t di carburante nel medio termine. Il serbatoio di un’autovettura può contenere circa 4-5 kg di idrogeno, rispetto ai circa 40 kg di un autocarro, ed è probabile che in futuro questa quantità aumenti.

Gli standard per la misura sono ancora in transizione

L’industria dell’idrogeno sta lavorando per stabilire un quadro normativo che tenga il passo con l’ampliamento dell’infrastruttura. Si stanno formulando nuove linee guida e adattando le specifiche esistenti alla luce dei nuovi sviluppi. Il settore sta spingendo per una standardizzazione completa dei processi e dei componenti, per porre l’utilizzabilità dell’idrogeno come combustibile su un’ampia base internazionale. Questo obiettivo deve essere raggiunto senza compromettere in alcun modo la sicurezza. Per i produttori delle tecnologie di misura utilizzate per monitorare e controllare il processo di rifornimento, il mutevole panorama delle normative rende difficile avere un quadro chiaro delle linee guida da definire per i loro prodotti per H2. Questo vale sia per le nuove soluzioni, sia per le modifiche dei prodotti esistenti. Specifiche durevoli per le stazioni di rifornimento di idrogeno si trovano, ad esempio, nella serie di norme ISO 19880.

Le tre sfide fondamentali

A prescindere dai requisiti specifici delle stazioni di rifornimento, le proprietà fisiche e chimiche dell’idrogeno pongono di per sé requisiti sostanziali alla tecnologia di misura, che non possono essere soddisfatti utilizzando apparecchiature standard. L’idrogeno è altamente infiammabile, motivo per cui le apparecchiature devono solitamente soddisfare i requisiti di protezione antideflagranti nelle applicazioni fisse. Grazie alle piccole dimensioni delle particelle, l’H2 penetra nei materiali e forma una miscela esplosiva nell’aria in concentrazioni fino al 4%. Per questo motivo, quando si tratta di adattare i processi strumentali, si prendono generalmente in considerazione attacchi saldati oppure con guarnizioni metalliche. Le piccolissime molecole di H2 penetrano anche nelle strutture metalliche, dove possono rendere fragile il materiale e diventare un rischio per la sicurezza. Per questo motivo, gli acciai austenitici come il 316L sono preferiti per gli strumenti di misura nelle applicazioni H2. Inoltre, l’idrogeno può compromettere la stabilità a lungo termine desiderata del segnale di misura di un sensore. Se aderisce al resistore e/o penetra nelle strutture sensibili dello strumento di misura elettronico, può provocare un offset del segnale e quindi errori di misura. Una possibile contromisura consiste nell’utilizzare strati di separazione per impedire la penetrazione dell’idrogeno. L’oro è solo uno dei materiali adatti a questo tipo di soluzione.

La pressione e la temperatura giocano un ruolo importante

Oltre a questi requisiti generalmente applicabili alle applicazioni H2, ci sono anche sfide specifiche da affrontare in relazione alle stazioni di rifornimento di idrogeno. A causa della progettazione di queste stazioni e del processo di rifornimento stesso, la tecnologia di misura e controllo deve essere in grado di sopportare pressioni fino a 900 bar e temperature da -40°C a +85°C. Attualmente l’idrogeno viene consegnato nei rimorchi tubolari a una pressione di 200 bar, e poi ulteriormente compresso a 900 bar in serbatoi ad alta pressione per mezzo di compressori. Questo avviene in diverse fasi. Per il serbatoio di un’autovettura la compressione corrisponde a una pressione di 700 bar, per quello degli autocarri 350 bar; tuttavia in futuro anche questa sarà aumentata a 700 bar per ottenere una maggiore autonomia. La pressione e la portata necessarie in ciascun caso sono controllate dalla comunicazione tra i sistemi di sensori della pompa del carburante, detta erogatore, e il serbatoio del veicolo.

I clienti desiderano che il processo di rifornimento sia completato nel minor tempo possibile. La pressione e la temperatura giocano un ruolo importante: maggiore è la differenza di pressione fra la stazione di rifornimento e il veicolo, più veloce sarà il flusso di idrogeno. Va da sé che la pressione del serbatoio del veicolo non deve essere superata. Il profilo di temperatura sulla linea di rifornimento rende rilevante anche il fattore tempo: l’idrogeno si riscalda quando si espande. Il gas viene quindi raffreddato preventivamente a -40°C tramite uno scambiatore di calore, in modo da poter mantenere successivamente una temperatura inferiore a 85°C. Questo è necessario perché i serbatoi dei veicoli sono specificati solo fino a questo valore. Più la temperatura si avvicina agli 85°C, più il processo di rifornimento deve essere rallentato e regolato dal raffreddamento.

Strumentazione complessa

Data la situazione potenzialmente critica, la linea di rifornimento di una stazione H2 è dotata di una strumentazione complessa, che comprende sensori di pressione, temperatura e portata, nonché valvole di intercettazione e di sfiato. I misuratori di portata Coriolis sono particolarmente adatti per monitorare la portata a causa delle elevate pressioni in gioco. I punti di misura della temperatura e della pressione sono fondamentali per la sicurezza operativa. Le sonde di temperatura devono funzionare con tempi di risposta brevi, ed essere a tenuta di pressione: la necessità di una risposta rapida non consente di utilizzare un pozzetto termometrico. La punta della sonda deve quindi essere in grado di sopportare pressioni fino a 875 bar senza protezione. Allo stesso tempo, deve avere un’esecuzione compatta per limitare al minimo l’influenza sulla portata del fluido. Un attacco filettato conico, ad esempio, conferisce alla sonda di temperatura la resistenza necessaria, e mantiene il punto di misura sigillato in modo affidabile. I sensori di pressione installati nel sistema di serbatoi hanno solitamente una pressione nominale di 1.000 o 1.050 bar. Questo valore si basa sulla pressione nominale del serbatoio del veicolo più un fattore di sicurezza legato alla temperatura. I sensori devono inoltre funzionare secondo le specifiche nella tipica gamma di temperature HRS, da -40°C a +85°C. Infine il compito richiede dispositivi con protezione dalle esplosioni o addirittura la certificazione SIL in alcuni punti di misura del sistema.

Autore: Christian Wirl, Portfolio Manager, Hydrogen in WIKA