La santa ripartenza

Per rimettere in moto la produzione ci vuole una “Santa Ripartenza”. Ma cosa la renderebbe “santa”? Gli ingredienti “ontologici” per certificare elementi di santità sono frutto di una serie di ragionamenti empirici nel campo dell’industria della trasmissione di movimento.

Occorre, innanzitutto, una visione sistemica dell’industria per i vari settori: una visione capace di portare o spingere la produzione generale del settore a un regime di sostenibilità, non necessariamente parametrizzato alla produzione pre-Covid, ma alle previsioni di crescita del settore nel mercato di riferimento per i prossimi tre/cinque anni e riadattare i piani industriali per individuare i livelli di sostenibilità. Oggi è urgente l’intervento dello Stato nel campo della logistica, per esempio in termini di policy governative e di approvvigionamento di materie prime dall’estero. Dinamica trainante degli interventi statali dovrebbe essere l’occupazione: una ripartenza capace di creare occupazione buona sarebbe davvero “santa”.

Per evitare il rischio di speculazioni finanziarie, occorrono investimenti “etici”. L’eticità degli investimenti si traduce in un ROI strutturato sulle varie componenti della produzione, su intere filiere. Diversamente le risorse messe in campo dall’UE per la ripartenza rischiano di trovare un terreno meno fertile di quello necessario e tutte le valutazioni che hanno accompagnato la ripresa rischiano di trasformarsi in tradimento. Con un calo del 10% del PIL nel 2020 non ha molto senso guardare con occhi incantati a un +5-6% nel 2021: non basta. Come in ogni crisi, la carta segreta che dobbiamo giocare si chiama innovazione. Per chiedere coraggio al mondo dell’industria occorrono presupposti che non ci sono e una politica fiscale ad hoc ordinata alla Ricerca e Sviluppo (innovazione intelligente). Se tale allineamento di pianeti dovesse verificarsi tale ripresa sarebbe certamente “santa”. Il grado di santità aumenterebbe a dismisura se si dovessero avere a cuore intere filiere.

E veniamo al tema della formazione. La crisi della formazione tecnica del nostro paese ha radici profonde e si sovrappone all’analfabetismo funzionale ormai portato a sistema. Per riprogettare un quadro di controllo delle performance dobbiamo affidare le sorti della formazione tecnica a progetti di federazione studiati ad hoc per ogni singolo settore. L’esempio di FEDERTEC Academy da tempo offre una progettabilità delle competenze.
Per una “santa” ripartenza ogni impresa dovrebbe raggiungere la sostenibilità, e così agevolare la trasmissione di movimento; la funzione d’uso dei cuscinetti è emblematica perché similmente alle skill permette il movimento. A quel punto anche il personale che non ha voglia di lavorare si ritroverebbe inserito in un sistema di premi e penalità in grado di plasmare e costituire l’etica d’impresa.