L’obiettivo di Omron? creare il futuro dell’automazione

Donato Candiano di Omron è alla guida della strategia aziendale di lungo periodo, per realizzare un processo produttivo flessibile, efficiente e sostenibile. Il tutto grazie a un’automazione in cui uomo e macchina collaborano in un percorso di digitalizzazione.

Novità in casa Omron: Donato Candiano ha assunto il nuovo ruolo di Deputy General Manager di Omron Industrial Automation Business (IAB) per l’Italia. A soli quarant’anni, Candiano ha accettato con entusiasmo la nomina che lo porta a guidare la strategia aziendale di lungo periodo “Shaping the Future 2030 (SF2030)”.
Lo abbiamo incontrato in occasione di SPS Italia, la fiera parmense tenutasi lo scorso maggio. Con lui abbiamo parlato della nuova strategia corporate e del concetto di innovazione della produzione Omron, delle nuove tendenze del mercato e non solo. Ma andiamo step by step.

Ci può spiegare cosa c’è alla base di SF2030?

“Abbiamo lanciato ad aprile questa nostra nuova visione aziendale, che ci porterà a definire la strategia dei prossimi dieci anni. I concetti chiave sono due. Il primo rientra già nei principi Omron, che vedono l’innovazione guidata dai bisogni sociali. È una delle sfide che ci poniamo non solo in ambito automazione, ma in tutte le anime che compongono l’azienda per rispondere ai tre bisogni sociali in prima battuta, e poi a quelli che verranno in futuro: riduzione del CO2, digitalizzazione, aumento dell’aspettativa di vita.

L’altro criterio alla base di SF2030 è l’evoluzione dell’automazione nel prossimo decennio, che abbiamo denominato “i-Automation”, l’automazione dalle tre “i”: integrata, intelligente, interattiva. Nell’ultimo periodo abbiamo fatto un passo avanti in linea con la nostra mission. Dovevamo sviluppare soluzioni che avessero al loro interno queste “i” a livello di visione strategica, e la produzione flessibile è in grado di contenerle tutte e tre. Lo stand di SPS è stato progettato per sembrare un vero stabilimento di produzione, perché non offriamo solo prodotti, ma soluzioni dedicate alla produzione.”

Perché Omron ha deciso di concentrarsi proprio sulla produzione flessibile?

Perché la possibilità da un lato di lavorare su lotti piccoli con un’ampia varietà di prodotti, e dall’altro di riconvertire la linea di produzione in modo veloce, ha fatto dell’agilità produttiva una delle sfide più importanti. Cosa significa in pratica? La madre del concetto di produzione flessibile è una linea produttiva a moduli, che possono essere riconvertiti rapidamente a seconda delle esigenze. Non è più necessario intervenire sulla linea a livello meccanico, basta mettere in connessione i vari moduli e riconvertirli. Alla produzione flessibile poi si aggiunge un’altra tendenza, quella di Industry 4.0 e la sua concreta applicazione, quindi connettività e digitalizzazione delle macchine.”

Quali sono le tecnologie che permettono di avere una produzione flessibile?

“Le tecnologie principali sono due. Da un lato ci sono i robot mobile a guida autonoma. Sono robot collaborativi che possono coesistere con l’uomo in uno stesso ambiente. Assicurano l’ingresso del materiale nella linea, e la connessione fra le varie stazioni. Dall’altro lato invece abbiamo celle attrezzate con tecnologia standard, ideali quando i tempi ciclo sono più serrati.

I robot mobile sono navette AMR (“Autonomous Mobile Robot”) con un fleet manager in grado di gestire le missioni assegnate ai singoli robot. Ogni robot acquisisce le informazioni sull’ambiente circostante, e può interagire e ricalcolare il percorso ogni volta che incontra un ostacolo, senza bloccare l’operazione. Se poi coesistono più di un robot nello stesso spazio, il controllo riesce ad assegnare la missione al robot che garantisce più efficienza, perché magari è più vicino alla cella e così via. Il concetto alla base della collaborazione è quello di liberare spazio all’uomo, destinando al robot le operazioni “time consuming” e a basso valore aggiunto. Un esempio tipico è il trasporto di materiale in fabbrica. A me questo concetto piace molto perché il fondatore di Omron, che era un visionario, già negli anni ‘30 diceva “alle macchine il lavoro delle macchine, all’uomo il privilegio della creatività”. La grande rivoluzione sta nel fatto che prima i robot lavoravano solo in ambienti chiusi e protetti, aree safe in cui l’uomo non poteva entrare. Oggi il cobot permette una coesistenza prima impensabile, senza contare i benefici in termini di flessibilità di cui abbiamo appena parlato.”

La flessibilità va di pari passo con la connessione fra le celle, come si realizza?

“Bisogna fare in modo che da ogni modulo, da tutta la linea, si possano raccogliere i dati critici del processo produttivo.
Anche questa è una delle tematiche più calde. 

Tutte le tecnologie Omron sono abilitanti all’interattività e all’intelligenza, il che permette di avere il controllo di tutto quello che accade. Per farlo ci appoggiamo al concetto di intelligenza artificiale (IA) on the edge. Nel controllo della macchina si possono già verificare alcune variabili grazie ad algoritmi di IA. Nel momento in cui una di queste variabili non rispetta il modello appreso, scattano la segnalazione e l’allarme. In questo modo ci si accorge del problema prima che la produzione si fermi e prima di analizzare il dato. È necessario raccogliere i dati che servono in modo intelligente e strutturato, e poter intervenire in tempo.

La sfida dell’IA è soprattutto a livello di ciclo macchina, oltre che nell’analisi dei dati in cloud, altro trend del futuro. Sono poche le aziende che sanno veramente raccogliere il dato corretto e utilizzarlo, ci vorrà tempo. Per supportarle in questo percorso offriamo il nostro “advanced service”: lavoriamo insieme al costruttore e all’utente finale per analizzare la linea, intercettando le inefficienze e capendo come correggerle. E in questo ambito, il tema della cyber security è fondamentale. L’automazione per Omron è un mezzo per esprimere al massimo il potenziale dell’uomo, e la digitalizzazione è un validissimo aiuto.”